di Maria Liuzzi
Nuovo colpo della
Fondazione San Domenico, dopo il recupero della cripta dello Spirito
Santo di Monopoli. Il due agosto, con la visita del Ministro Massimo
Bray, un altro gioiello archeologico verrà reso nuovamente fruibile
per cittadini e turisti. Rinomato all’estero, ma sconosciuto alla
maggior parte dei pugliesi, il parco rupestre di Lama d’Antico si
trova a tre km da Fasano, e sarebbe forse il nucleo originario della
cittadina. La leggenda narra che il primo insediamento abitativo fu
creato dai monaci basiliani, fuggiti alle persecuzioni subite in
oriente. Altre fonti parlano di rifugio per le popolazioni locali
dalle scorribande dei saraceni. Il villaggio medievale conserva
intatte le testimonianze di un passato in cui tra Oriente e
Occidente c’erano scambi continui, come la presenza del fragno,
entrato a pieno titolo nella vegetazione locale. Nel corso dei
secoli il sito è stato notevolmente depredato e deturpato. Restano
solo tracce delle antiche vestigia della cattedrale bizantina,
completa di arredi, che sorgeva all’interno dell’insediamento, quasi
cancellati gli affreschi nelle altre chiese. E’ storia recente
invece l’ulteriore degrado provocato dai cosiddetti esperti, che
hanno curato il sito con metodi poco condivisibili. Una situazione a
cui porrà rimedio la Fondazione San Domenico, vincitrice del bando
indetto dal Comune di Fasano per la gestione del parco, in
partnership con la A.R.S. – associazione di giovani archeologi – e
la Società Agricola Forestale Cesarina. “Con un ritardo di circa
dieci anni e dopo varie vicissitudini, siamo riusciti a riportare a
nuova vita uno degli insediamenti rupestri più interessanti della
nostra terra – dice Marisa Lisi Melpignano, imprenditrice turistica
e Presidente della Fondazione San Domenico -. La gestione di Lama
d’Antico è un esempio di accordo tra pubblico e privato, la chiave
di volta per salvare dal degrado i nostri siti e monumenti. La
Puglia comincia a fare scuola in questo senso, proponendosi come
modello per tutto il Sud.” Il percorso rupestre è a dir poco
affascinante, ci si ritrova immersi in un’atmosfera senza tempo.
Circa quaranta le grotte un tempo abitate, alcune delle quali
adibite a frantoio, mulino, conceria. La roccia, tenera e compatta,
tipico esempio del “tufo” pugliese, ben si prestava ad essere
lavorata e modificata, favorendo la creazione di insediamenti
abitativi. Suggestive le chiese realizzate nel villaggio intorno al
tredicesimo secolo, dove sono ancora visibili tracce degli affreschi
dedicati ai Santi. “La Fondazione non si occuperà solo della
gestione del sito – dice ancora Marisa Lisi Melpignano – ma svolgerà
anche una fattiva opera di conservazione del parco, riportandolo
quanto più possibile al suo antico splendore. Il sogno sarebbe che
questa perla della civiltà rupestre diventasse presto patrimonio
UNESCO.”
|